martedì 22 marzo 2016

Gli arrosti e i brasati


Ambasciatrice Claudia Martinelli per il Calendario del Cibo Italiano – Italian Food Calendar

Arrosti e brasati sono piatti molto diffusi lungo tutta la nostra penisola e sono così ben declinati in tutte le tradizioni regionali che si tende ad accomunarli senza distinzione, ma in realtà si tratta di due preparazioni totalmente differenti. Vediamo insieme come dare una corretta definizione a queste due cotture.
L’arrosto si può preparare al forno o allo spiedo: durante le prime fasi della cottura – condotte a fuoco vivace – il pezzo di carne forma una crosta bruna all’esterno, che ne trattiene i succhi; si abbassa poi la temperatura per permettere al calore di penetrare a fondo e poter terminare la cottura in maniera più lenta. Si possono arrostire carni rosse o bianche, pesci e crostacei, oltre che verdure come melanzane e peperoni. Un arrosto può essere lardellato (immissione di lardo a filetti nella carne) o bardato (fasciatura esterna con lardo, pancetta o prosciutto).
Il brasato invece si prepara sempre in forno: la cottura è prolungata, avviene in poco liquido e a temperatura più contenuta. Si tratta di una cottura destinata prettamente a carni rosse e selvaggina da pelo. Il termine brasato deriva da brasiera, nome dell’antica pentola usata tradizionalmente per questo tipo di cottura, che avveniva con le braci, posizionate sia sotto il tegame, che sopra sul coperchio, per diffondere il calore in maniera uniforme.
Un piccolo ma importante accorgimento, valido sia per gli arrosti che per i brasati, è che la carne debba essere ben asciugata prima di essere rosolata; lasciare i liquidi in eccesso all’esterno, infatti potrebbe impedire il raggiungimento dei 140 °C necessari a sviluppare la crosticina bruna e profumata che tutti conosciamo e che connota entrambe le preparazioni.
La crosta che sigilla i succhi della carne al suo interno, si forma grazie a una reazione chimica conosciuta come reazione di Maillard, dal nome di Louis- Camille Maillard, un medico che attraverso la sua passione, involontariamente, diede un grande contributo allo studio di una delle reazioni chimiche più importanti nel mondo culinario. Maillard, che era particolarmente interessato al metabolismo cellulare, studiò come gli aminoacidi contenuti nelle proteine interagiscono con gli zuccheri presenti nelle cellule, quando sono sottoposti a calore intenso. E’ grazie a questa reazione che si formano molecole odorose, fondamentali a conferire colorazione esterna, profumo e gusto in tantissime preparazioni. Nella carne in particolare, la molecola responsabile del tipico aroma di carne arrostita è il bis(2-metil-3-furil)-disolfuro, che è così peculiare da essere usata anche nell’industria alimentare per dare il “gusto carne”, o anche solo per accentuarlo.
Poiché sono necessari almeno 140°C perché avvenga, la reazione di Maillard può svilupparsi solo all’esterno della carne: all’interno sarà sempre presente una quantità di liquidi tale da non permettere il superamento dei 100°C. Per lo stesso motivo, le sole verdure che si possono correttamente definire “arrostite” sono le melanzane e i peperoni: in tutte le altre verdure, il contenuto d’acqua è troppo alto per permettere la reazione di Maillard.
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Altra regola fondamentale per avere una perfetta crosticina esterna, è porre la carne a rosolare nella pentola solo quando quest’ultima è ben calda. Un errore comune, che si paga caro in termini di sapore e consistenza, è appoggiare la carne in un tegame non ancora abbastanza riscaldato: il calore insufficiente a “chiudere” la carne, farà però fuoriuscire i succhi rendendo l’arrosto o il brasato meno saporito e, in ultimo, decisamente stopposo.
Brasati ed arrosti hanno alle spalle una storia tanto lunga quanto nobile: vale la pena ricordare un aneddoto di Eginardo, biografo di Carlo Magno, il quale ci racconta che quest’ultimo, sempre dotato di ottima salute, ebbe negli ultimi anni della sua vita problemi legati alla gotta. I suoi medici, interpellati, suggerirono immediatamente di eliminare la carne arrosto a favore di quella lessata, considerata più leggera. Carlo Magno, però, si ribellò fortemente a questo consiglio medico, poiché la carne lessata era un piatto fortemente legato alle tradizioni del popolo e dei ceti più bassi. Mentre le carni arrostite e brasate, per contro, erano appannaggio dei nobili.
Questa contrapposizione ha origine nel diverso accesso che le due classi avevano a un cibo tanto prezioso quanto la carne: i nobili, dopo lunghe battute di caccia, trovavano ristoro nella cacciagione catturata, che veniva arrostita su un fuoco vivace. Il popolo, invece, faceva tesoro di qualsiasi pezzo d’animale, ottenuto in qualche modo e considerato alla streagua di un “tesoro” da far fruttare al massimo. Lo metteva nel pentolone, costantemente sul fuoco delle cucine domestiche, ad arricchire il pasto.
La bollitura era necessaria alla cottura di carni conservate, fossero esse affumicate o seccate oppure sotto sale, ed era anche tipico appannaggio delle donne nell’ambito delle faccende domestiche, mentre la gestione della brace per la cottura arrosto era considerata un compito prettamente maschile.
In Italia le preparazioni di arrosti e brasati sono tante quante le famiglie italiane: si tratta di sistemi di cottura talmente diffusi e che ben si adattano a tanti tipi di carne, da esser comuni in tutta la penisola. Molte sono ricette notissime, ritenute “capisaldi” della tradizione: è il caso del brasato al Barolo di origine piemontese. Scendendo in Liguria il brasato si arricchisce di funghi secchi e diminuisce la dose di vino per prendere il nome di brasato alla Genovese. A Parma e dintorni l’arrosto gode del prosciutto, del Parmigiano e viene innaffiato da Lambrusco, che regala un sapore unico. In Abruzzo, ma non solo, l’agnello arrosto, in pezzo o in spiedo, è una costante; nel Lazio la porchetta è un’istituzione. In Sardegna il mirto accompagna la cotenna arrostita del porceddu e in Calabria l’animale arrosto per elezione è il capretto.
Nei giorni di festa, che si tratti del Natale o di un’occasione familiare, l’arrosto o il brasato sono tra i “classici” di maggior successo, che mettono tutti d’accordo sul secondo. Non a caso l’Artusi, che per primo ha codificato e documentato in maniera organica le tante cucine d’Italia, regala alle carni arrostite ampio spazio nel suo libro “ La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”: vere delizie declinate in molti modi, che possono trasformare un normale pasto in un pasto da favola.

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